Search
Bernardine
In Via Arene a Ventimiglia una nonna canticchiava al nipotino qualche strofa di una canzone abbastanza recente, lanciata da Nilla Pizi, "Papaveri e papere", insistendo con particolare accentuazione sulla "parola "piccolino": al che il bimbo - del resto, già allora di discreta statura - stizzito, pestando i piedi per terra, reagiva, non essendo ancora dotato di senso dell'umorismo, ancora meno di quello dell'autoironia, opponendosi a suo modo a quella scherzosa ed affettuosa allusione.
In un appartamento situato non lungi dalla Bigarella di Bordighera, non appena si diffuse dalla radio quella ballata in quella lingua inglese che non capivano, zia e nipote, distogliendosi all'unisono dalle rispettive occupazioni, ammiccando l'un l'altra, ridendo, si affibbiarono ripetutamente il titolo di quella composizione, "Bernardine", del resto reiterato in diversi passaggi, come se fosse un buffo, ma amichevole nomignolo da attribuirsi reciprocamente. Il più giovane dei due qualche anno dopo divenne, per ironia della sorte, un discreto ammiratore del cantante di quella melodia, un certo Pat Boone. Doveva essere il 1958, quando un po' dappertutto si canticchiava o si fischiettava "Nel blu dipinto di blu", quasi un'attesa di sentire urlare in tanti angoli "Mi sono innamorato di Marina" di Rocco Granata, che come vinile doveva ancora essere stampato: due veri tormentoni dell'epoca. Sempre in quella stagione, ma in regione Cabane di Bordighera, due scolari in vacanza si riposavano, dopo tanti giochi, in casa di uno dei due, anche ascoltando dischi a 75 giri con le famose etichette con il disegno del cane intento a sentire il suono di un grammofono, ma era un ripiego di cui oggi non ricordano più nulla, assorbiti come furono allora da piccoli lavori agricoli, da bagni fatti all'insaputa dei grandi (non sapevano ancora nuotare!) nella grande vasca di raccolta dell'acqua piovana di quella campagna, dalla lettura di fumetti che si intitolavano ancora "Nembo Kid" e da altre amenità del genere.
A marzo 1959 gli alunni delle elementari (di diversi plessi, anche se in maggioranza della sede di Via Vittorio Veneto) selezionati per partecipare alla tappa di Ventimiglia di Radio Squadra alla fine della trasmissione cantarono in coro almeno la parte iniziale della "Leggenda Ventimigliese", "Gh’eira ina vota ina figlia d’in Re / che mai a nu’ l’ava riüu ni’ cantau...", ma ancora oggi nessuno ricorda se si fossero mai fatte delle prove collettive per quel cimento.
Verso la fine del 1963 un ragazzotto comunicò entusiasta in Nervia di Ventimiglia a qualche suo coetaneo la sua scoperta di avere sentito per radio (sempre questo benedetto apparecchio!) in un programma inglese certi sconosciuti "The Beatles" dei quali andava esaltando la bravura. Tra gli ascoltatori c'era chi si era lì per lì dimenticato di avere ascoltato qualche mese prima in casa di un amico tedesco, appena arrivato dalla Germania, il disco di Tony Sheridan accompagnato dai Beatles (ma forse The Beat Brothers) contenente "My Bonnie" e "Ya Ya": brutti scherzi della memoria, ma mai come quelli giocati al figlio delle terre teutoniche perché ancora qualche tempo fa non sapeva di essere detentore di quel pezzo forse più unico che raro.
Pubblicati i primi screenshot ufficiali
Il 7 marzo dovevano essere già interoperanti
Una storia proprio di.. altri tempi
Alla svolta anni '60 guardava in tribuna, nel vecchio campo di Piazza d'Armi a Camporosso, una partita - di calcio, Serie Dilettanti - in casa della Ventimigliese un signore ormai anziano, alto, robusto e dalla voce tonante, che ben avevo conosciuto per amicizie di famiglia. Gli si avvicinò un autista in livrea che gli disse che il suo titolare, assiso in autovettura, avrebbe desiderato parlargli: al che l'omone rispose che prima avrebbe guardato finire la gara. Fu grande il suo stupore di ritrovare infine ad attenderlo pazientemente l'ufficiale, al quale aveva salvato la vita durante la Grande Guerra, ancor di più nel riscontrare che era ormai un famoso magnate italiano dell'industria. E quell'avvistamento a distanza forse sarà stato possibile per via di quel vecchio muro basso, solo sormontato da un'alta rete per trattenere le pallonate...
Man mano che a mezz'agosto si faceva notte
Una luna color rame, appena fatto capolino, sembrava contemplare la Chiesa di Terrasanta di Bordighera. Non era molto illuminato il Lungomare Argentina e poche erano anche le luci in mare, quelle di pescherecci quasi dispersi in tanta vastità di acqua, ma per alcuni brevi attimi sopra una di quelle piccole imbarcazioni il fulgore di un aereo in avvicinamento sembrava disegnare un tassello di una di quelle mappe che tanto intrigano gli astronomi. Più a ponente i bagliori della Costa Azzurra non impedivano di cogliere i raggi dei fari, lanterne dimenticate che in quest'epoca di travolgente tecnologia non fanno più appassionare turisti ed abitanti di questi luoghi, nè tantomeno li sollecitano a tentare di individuarne l'esatta ubicazione. In quella stessa direzione occidentale la Passeggiata di notte rifulge quasi a giorno. Avvicinandosi la mezzanotte Selene, ora quasi nivea nuvola, apparendo più a sud, pennellava di riflesso il Tirreno, ridestando ricordi di descrizioni manzoniane del Lago di Como. Non è ancora, tuttavia, questo il periodo di splendidi tramonti né di magiche visioni della mitica Corsica sulla linea dell'orizzonte.
Un washing car d'epoca
Il torrente Nervia scorre verso la foce tra gli alberi sfiorando in tangente Via Gradisca, nella zona di Ventimiglia (IM) che prende il nome da questo corso d'acqua, ma risulta visibile in pratica solo attraverso una griglia che sbarra il fondo - lato levante - di questa stradina. Tanti, tanti anni addietro, nonostante fosse già passata anche da quelle parti - novembre 1966 - una disastrosa piena, che meriterebbe un capitolo a parte, in quel punto era stato realizzato un notevole accumulo di terra e di ghiaia, accesso per uno sterrato, che diventava presto nulla di più di un sentiero, che terminava su una spiaggia pressoché selvaggia, nelle cui adiacenze spiccava in pratica come costruzione solo il deposito dei locomotori delle Ferrovie, un'area oggi ristrutturata a spazio pubblico. Ed oggi un amico mi rammenta che si era formato anche un nuovo isolotto, collegato a quella stradina, un luogo dove in tanti si recavano a lavare le proprie automobili.
Radio Squadra...
Dopo anni di domande senza risposte ho trovato qualche persona che si ricordava - poco e male - di "Radio Squadra" (un programma della RAI) presente a Ventimiglia a marzo 1959 con una diretta imperniata su domande di carattere storico locale rivolte ad alunni degli ultimi anni delle scuole elmentari. C'è chi passava (era già un adulto) davanti al Municipio, dove si svolgeva l'evento, e vide l'affollamento, indotto dall'ascolto mediante gli altoparlanti rivolti alla piazza. Chi si è ricordato che in famiglia quella diretta l'aveva ascoltata dalla radio di casa. Chi ha rinvenuto fotografie - di gruppo o parziali - ma non sa aggiungere altro. Chi ha rammentato un avvenimento similare, più contenuto di quello di Ventimiglia, svolto in Camporosso (il giorno prima o il giorno dopo?). Mi è stato anche detto che nel corso di una rievocazione televisiva dedicata al compianto Renato Taliani, già nerbo di Radio Squadra, è stata mostrata anche una fotografia di quella piazza di Ventimiglia fatta in quella circostanza. Mi è stato ripetuto di fare ricerche nelle teche della RAI: come se fosse facile! Sul Web ho trovato manifestazioni similari a quella qui accennata: lo schema si ripeteva sempre uguale.
In ogni caso "Radio Squadra" ha rappresentato un'iniziativa che andò oltre la sperimentazione e l'intento di promuovere in forme inusuali, andando direttamente sul territorio, abbonamenti alla radio (la radio; non ancora la televisione!). Io, comunque, quella volta a Ventimiglia c'ero...
Biamonti, Giono, Magnan
Da sottolineare la stima di Francesco Biamonti per Jean Giono, questo grande scrittore della Provenza, tanto é vero che nel 2010 ci fu a San Biagio della Cima (IM) un convegno dal titolo "Gli amici di Francesco Biamonti incontrano Les Amis de Jean Giono". Certe luci, certi colori, certe montagne di Manosque (dove dimorava stabilmente Giono, che però ambientava le sue opere di autentico grande livello in altre parti della Provenza e non solo) che ricordano il nostro entroterra: e quella posizione geografica (solo per citare, la montagna della Lure, la Durance, la Bleone) trova a mio avviso in Pierre Magnan (forse per i più non eccelso autore, ma pur sempre amico di Giono) un sincero e convincente cantore. Di Giono dirò, infine, che con "L'affare Dominici" seppe condurre una coraggiosa inchiesta giornalistica dai toni elegiaci - purtroppo non coronata da successo - contro storture poliziesche e giudiziarie che si esercitavano proprio dalle sue parti. E mi preme ricordare ancora per contrappasso l'umanità di certi suoi gendarmi di metà Ottocento, che si muovevano a cavallo in notti di tregenda a ponente del Rodano.
Due miei amici che...
Pietro Tartamella qualche anno fa mi aveva chiesto qualche delucidazione di dettaglio per un suo libro di ricordi dedicato - così avevo capito - a Ventimiglia. Non so se questa sua fatica si sia poi concretizzata in quello che Bruno Veri - già mio compagno di scuola alle Superiori - definisce il suo ultimo racconto dal titolo "Senza compianto per il luogo natio". Sì, perché sono ritornato, nella ricerca di notizie su "Piero" alla bella memoria scritta da Bruno in occasione, due anni fa, della scomparsa di Tartamella. Che ho ripubblicato integralmente su di un mio blog di carattere antologico, aggiungendo qualche frase presa qua e là sul Web, di modo da dare un'immagine un po' approfondita di una persona che avevo ben conosciuto e che solo sbrigativamente si può definire un semplice poeta. Aggiungo solo che al viaggio in autostop rievocato da Bruno Veri partecipai anch'io, per lo meno sino alla Svizzera italiana: il quarto componente quella piccola spedizione era Oreste Passeri, altro sodale di classe mio e di Bruno. Per certi versi nelle mie riflessioni ho tante volte accomunato, forse per la loro tenacia, a Tartamella Nello Pozzati, un altro (all'epoca: metà anni Settanta) ragazzo emigrato da Ventimiglia (dove era arrivato bambino dal Polesine alluvionato), nel suo caso a Milano. Pozzati, da bracciante nelle campagne gestite da Bruno, figlio di Libero Alborno, a vincitore di concorso impiegatizio in un comune del retroterra del capoluogo lombardo. Così da poter studiare, anche aiutato dalla moglie insegnante, e conseguire prima il diploma, poi la laurea al Magistero. Con successivi concorsi, ai quali partecipò con titoli di studio più consoni, Pozzati divenne dirigente in almeno due Amministrazioni: il Web ci ricorda, ad esempio, che nel 2013 Pozzati era responsabile dell'Ufficio Servizi Sociali del comune di Settimo Milanese. A lui ho fatto riferimento in diversi miei post: indicative sono state le sue lunghe discussioni notturne con Francesco Biamonti al vecchio Bar Irene di Ventimiglia. Aggiungo per il momento solo quanto segue, perché su di lui non sono reperibili su Internet articoli esaurienti come quelli per Tartamella: che Nello era anche stato segretario di sezione del PCI a Ventimiglia, che non ritrovo la fotocopia di un suo articolo che riprendeva in sintesi la sua tesi di laurea sulle lotte bracciantili nel Polesine e che ho una copia con sua dedica del suo romanzo "Le trappole di Eros. Inquietudini di una donna moderna" (Greco e Greco, 2005)...
Costa Azzurra e ... dintorni: memorie minime e nient'affatto serie
Questa volta trovo l'irresistibile impulso a ripetermi. Riprendo cose già scritte e ne trascuro altre, inedite. Mi va così. Ma mi fermo molto indietro nel tempo. Con qualche domanda retorica iniziale. Parto dai soliti platani?Dai profumi di Grasse? Che devo aver odorato in loco quando avevo cinque anni? A dire il vero, non riesco a ricordarli: ho più nella memoria, anzi, quasi nel naso, le fragranze delle vecchie distillerie di Bordighera e del Prino di Imperia. Il cioccolato, allora. Quello nero, fondente, ottimo, dalla marca che non vado a declinare, anche se non c'é più. Si trovava solo nei negozi di là dalla frontiera. Fantastico per fare le castagnole, il dolce tipico di Ventimiglia. Almeno, lo usava la nostra vicina di casa di Nervia e castagnole così buone non ne ho più mangiate. Neanche adesso che la leccornia ha il marchio di origine comunale. Vatti a fidare dell'ufficialità! Certo che, a quei tempi, che tre tavolette o giù di lì facessero già contrabbando! Come le banane. Pure quelle piccole, del Senegal: mai più viste! Gite scolastiche e non. La Valle Roja nella parte francese. Fuori mano? Va bene, ma ditelo ai francesi, che te la segnalano già da Cannes. La vecchia ferrovia Ventimiglia-Cuneo ancora in disarmo: ponti crollati, binari interrotti, malconcia segnaletica d'anteguerra. La Valle delle Meraviglie per salire a Monte Bego. Il primo laghetto, Pic-nic. Filmino, se c'é ancora. Non pervenuto se riversato in dvd. E, dall'altra parte, verso il mare, l'Acquario di Monaco: sì, però, l'ho guardato bene tanti anni dopo. E Monaco é Costa Azzurra? Sì, mi pare si dica di sì. l Trofeo d'Augusto a La Turbie. Eze Village, il nido d'aquila de la Côte: giusto, ma che era tutto ricostruito l'ho capito già allora, da ragazzino. A Nizza, ancora, il monumento a Garibaldi. In quella piazza soprattutto la farinata. Socca, come la chiamano sul posto. Sospel. Bella cittadina! Se si accantona per un momento la memoria della feroce strage nazista. Sospel bella come la sottostante parte alta della Val Bevera. Il Festival del Cinema a Cannes, l'anno della contestazione generale. Città vuota, cartelloni sì. Perché mi sovviene quello di "Grazie, zia"? Lisa Gastoni callipigia nature? Subito dopo, due vendemmie a Les Arcs-sur-Argens, dipartimento del Var. Dal treno, l'incanto delle rocce rosse sul mare. Sul posto guidare, autorizzato, per divertimento il trattore solo usando la frizione: danni lievissimi alle vigne! Una domenica (nella banda c'erano una o due auto di ventimigliesi arrivati dopo e ripartiti prima) tutti o quasi a Saint-Tropez. La strada in collina non finiva mai. Saltare qualche intermezzo. Ancora due gite in pullman. Vence o Saint Paul de Vence? Sono vicine. Museo d'arte moderna. Tabula rasa. E non faccio ricerche su Internet o altrove. Sempre la mia testa nelle nuvole. Però, Grasse, sì. Ma per cosa? Per la fermata a a Nizza. Perché quel mercato dei fiori di "Caccia al ladro" c'era ancora. Dove Cary Grant finisce tra le ceste. E assaporare "54" dei Wu Ming che ricostruiscono quel parziale backstage.
E l’Irish Coffee?
Non conosco la situazione attuale, ma alle colonnine che compaiono nella fotografia tanti anni fa corrispondeva in Cap Martin, nel comune - quasi di frontiera con l’Italia - francese di Roquebrune Cap Martin, un locale famoso, “I Fratelli della Costa” (in italiano!), anche perché situato di fronte ad un prestigioso ristorante, da cui derivava l’insegna, “Il Pirata” (Le Pirate), quest’ultimo frequentato, come spesso riportato dai soliti rotocalchi, anche da divi hollywoodiani, che non disdegnavano, come fu ad esempio per Sinatra, una visitina al pub su cui voglio attirare brevemente l’attenzione. Ad un Capodanno qualcuno insistette per fare tappa in quell’esercizio, asserendo che ci avrebbero accettato e non ci avrebbero spennato vivi. E così in effetti fu, solo che al sottoscritto, che allora nutriva una strana passione per l’Irish Coffee, venne risposto che quella "strana" bevanda là non era conosciuta: solo colpa dell'avventizio di turno? E del "Pirata" qualcuno di recente si è ricordato che era ai tempi gloriosi visitato anche da un fotografo di Bordighera alla ricerca di qualcosa di speciale: sono riuscito a risalire all'identità di questo operatore , ma penso proprio che i suoi acconci scatti siano finiti nell'Archivio Alinari di Firenze...
Petardi da nebbia
Da bambino, se ricordo bene, la nebbia l’ho vista solo a Milano o in viaggio in treno per Milano. Come in occasione della prima partita di calcio di Serie A che ho visto, nel 1959 (o ai primi del 1960), Inter-Sampdoria: c’è una fotografia che mi ritrae davanti al vecchio stadio di San Siro, ma in quel momento della giornata il fenomeno era alquanto mitigato.
Erano gli anni in cui mio padre, ferroviere, raccontava come si usassero nel suo lavoro i petardi da nebbia. Dislocati a debita distanza sui binari, con i loro scoppi, molto fragorosi, servivano a segnalare ad un treno che eventualmente fosse sopraggiunto che, non visibile o non ben visibile, causa, appunto, nebbia, ce n’era già uno fermo, per un segnale o, peggio, per avaria, sullo stesso binario o, credo, per sicurezza,anche su quello parallelo. Ricordo come erano fatti quegli ordigni, che talvolta mio padre, quando rientrava dal servizio senza avere lasciato in deposito al suo reparto in stazione a Ventimiglia (IM) il borsone regolamentare, ci faceva ammirare: scatolette di alluminio decisamente più grosse di quelle oggi correnti per contenere prodotti alimentari, per noi bambini affascinanti, al pari dei racconti di papà, relativi ai casi in cui aveva dovuto usarli o di cui avesse avuto notizia da parte di colleghi. Alla notizia di un tragico incidente ferroviario di qualche anno fa, dovuto alla nebbia, mi sono chiesto se in ferrovia avevano smesso di usare i petardi.
Un tedesco, agente immobiliare a Sanremo già nel 1930
Weilbacher, Karl Weilbacher. Un cognome che suona un po' come la marca di un liquore di erbe. Se ne fece un breve cenno su questo blog l'anno scorso in proposito del suo coinvolgimento nel caso dell'importazione a Sanremo di un quadro del Tintoretto - in piena seconda guera mondiale! - per il quale dal medesimo - reputato agente dell'Abwehr tedesco - non era stata pagata la dogana. Per caso, qualche mese dopo un articolo, apparso nella cronaca locale di un noto quotidiano a larga diffusione nazionale, si dilungava con dovizia di particolari sulla citata vicenda. Probabile comune fonte di informazione per i due casi un lungo rapporto - datato 7 gennaio 1947 - del servizio segreto statunitense, firmato da James (Jesus) Angleton, un personaggio a suo tempo importante, come sottolinea anche il giornalista, e sul quale conviene a breve tornare. Occorre precisare che il documento è molto lungo, per cui non si può fare a meno di procedere per brevi, esemplificative estrapolazioni. Il cronista ha compiuto la scelta di concentrarsi sulla faccenda del dipinto, che risulta invero a suo modo interessante. L'opera consiste nel ritratto del Doge di Venezia Pietro Loredan. Secondo alcune fonti oggi si trova al Kimbell Art Museum di Firt Worth nel Texas. Per altre non è detto, perché il Tintoretto fece tre ritratti al Doge, tutti ancora esistentio. Si può menzionare la relazione americana: "Weilbacher andò a Imperia e pagò 22.000 lire di dogana per il dipinto, che gli fu restituito. Lo riportò a San Remo. Nell’autunno del 1943 il Weilbacher lo depositò in una banca a Merano. Fu restaurato nell'ottobre o nel novembre 1945 e portato nella sua nuova residenza a Como, da cui fu in seguito trasferito e consegnato a Milano in Via Dino Compagni n. 2 al Prof. Ivan Bernaim. Qui fu trovato e confiscato dopo l'arresto del Weilbacher." Perché Weilbacher, per l'importazione illegale del quadro per paradosso era stato in precedenza arrestato dal commissario di polizia della Città dei Fiori, invece che dalla Guardia di Finanza. Un dipinto che risultava essere di proprietà di Zaccarias Birtschansky il quale, dopo lunghi tentennamenti, si era lasciato convincere nella sua ultima residenza nel Principato di Monaco, egli vecchio profugo russo, passato anche per Parigi, ad affidare il suo prezioso bene per una tentata vendita in Italia proprio a Weilbacher ed al suo sodale Scholtz, vera mente del progetto e sul serio agente dell'Abwehr: e si è già potuto notare come è andata finire. La vita di Weilbacher - come emerge dal dossier - è stata se non avventurosa, sicuramente movimentata. Nato nel 1895 a Stoccarda, divenne ancora giovane in Tunisia segretario di un clinico inglese, specialista di malattie degli occhi. Lo seguì a Genova quando quest'ultimo vi aprì una struttura. Trasferitosi in Svizzera per conto suo, Weilbacher vi si trattenne per sottrarsi agli obblighi militari derivanti dalla Grande guerra nel frattempo scoppiata, ma ricevette ancora preziose sovvenzioni da quel suddito britannico. Finito il conflitto, si dedicò al suo nuovo impegno lavorativo, il commercio di generi alimentari, viaggiando per mezza Europa, compresa l'Italia, e rientrando anche in possesso del passaporto tedesco. "Nel 1919 incontra a Lugano Clara von Andrassy (nata Levi), moglie del conte Gyula von Andrassy. Clara divorzia e i due si sposano nel 1923 in Svizzera. Nel 1924 la coppia si trasferisce a Sanremo dove lavora come rappresentante di case editrici e gallerie d’arte austriache e tedesche. Nel gennaio 1925 apre una libreria a Sanremo che viene gestita dalla moglie. Aprirà poi delle succursali ad Alassio, Nervi e Viareggio. Nel 1928-29 subisce un tracollo finanziario e deve ottenere un concordato dai creditori. Nel 1930 apre un’agenzia internazionale in Via Vittorio Emanuele [n.d.r.: attuale Via Matteotti] a Sanremo, che si occupa di compravendita di immobili, riscossioni di affitti, gestioni immobiliari. L’attività frutta molto bene e Weilbacher ha rapporti anche a Mentone, Monte Carlo, Nizza e in Svizzera. Dopo l’ascesa al potere di Hitler, Weilbacher effettua numerosi viaggi verso la Germania, aiutando diversi ebrei ad espatriare. La sua principale attività era la vendita di immobili di ebrei ad ariani in Germania e il contemporaneo acquisto di altri immobili in Italia. L’attività era molto lucrosa ma ebbe un termine con l’introduzione delle leggi razziali in Italia nel 1938". In effetti, a Sanremo ci sono ancora persone che ricordano uno dei figli di Weilbacher, finita la seconda guerra, davanti alla porta di questa agenzia. Nel periodo bellico si facevano più intensi i contatti di Weilbacher con connazionali, agenti o militari che fossero, anche della S.D. e della Gestapo, ma la relazione Angleton non entra mai nei particolari. In genere si cercava di sfruttare la sua pregressa capacità, assodati i suoi trascorsi di immobiliarista, di muoversi ed avere contatti tra Marsiglia e Genova. Scholtz, ad esempio, lo incarica di prendere a nolo una nave danese nel porto della capitale della Provenza per una misteriosa operazione, poi lasciata cadere. Una frase che non riporta - come altre ! - la data dell'avvenimento suona nel seguente modo: "Weilbacher incontrò il console tedesco di Sanremo, una settimana dopo il suo arrivo in città, in occasione di uno spettacolo di varietà offerto per feriti italiani e tedeschi e al quale doveva partecipare anche il figlio di Weilbacher, Rolando". Indubbiamente Weilbacher non poteva non conoscere il console tedesco a Sanremo, Geibel, che anzi, involontariamente, gli procurò i primi contatti con la famiglia Scholtz, quando nel 1940 la signora Scholtz cercava nella cittadina della Riviera dei Fiori una villa da affittare. Senonché Geibel era di tutt'altra pasta, perché fu persona che cercò - certo con mille cautele - di aiutare connazionali (meglio dire ex) ebrei, tra i quali anche Dora Kellner, ex moglie di Walter Benjamin. Ironia della storia, a Weilbacher venne consigliato da un nazista di divorziare dalla moglie perché ebrea, il che egli puntualmente fece. Con tutto questo non è molto chiaro in cosa sia consistita l'attività spionistica di Weilbacher, tanto è vero che il rapporto statunitense si lascia anche sfuggire l'espressione "presunto agente dell'Abwehr". Ma è anche possibile che l'inquisitore (gli inquisitori) non fosse (fossero) riuscito (riusciti) a "stanare" l'indagato, il quale nel presente caso (ma in materia si può benissimo sospettare che a tali astuzie siano ricorsi tanti altri!) di sicuro raccontò sin nei minimi dettagli la sua vita, ma, con le sue divagazioni, probabilmente riuscì a celare, prendendo per stanchezza i suoi giudici, uan sua reale attività spionistica, se non dei veri e propri delitti commessi. Invero, nel documento si trovano frasi come: "Nell'ottobre 1943 gli fu chiesto di riferire al Consolato Generale Tedesco a Genova. A Genova fu ricevuto da una persona che aveva sostituito il Console Generale (di cui non ricorda il nome) che gli disse che doveva andare a Berlino e riferire al tenente colonnello Rosenleiter al comando generale dell'Abwehr. Gli fu dato un passaporto e un visto e partì subito dopo per Berlino, dove riferì al tenente colonnello Rosenleiter, che gli disse che gli era stato indicato come un agente dell'Abwehr [...] Dopo che il Weilbacher ebbe fornito le sue spiegazioni, Rosenleiter gli diede 200 marchi per le spese del viaggio e lo mandò nello Eden, dicendogli di tornare di nuovo il giorno successivo. Mentre stava tornando nell'ufficio di Rosenleiter, incontrò per caso Scholtz nell'ufficio della segretaria. Gli chiese perché non lo avesse aiutato quando in prigione. Scholtz si scusò dicendo che aveva avuto affari urgenti in Ungheria e Bulgaria. Scholtz disse che stava per partire per Parigi, e da lì sarebbe andato a Madrid, dove aveva lasciato la sua famiglia. Stava andando per motivi attinenti al suo lavoro di intelligence e si rifiutò di dare il suo indirizzo di Madrid. Gli promise che avrebbe fatto del suo meglio per farlo trasferire a Madrid, ma il suo trasferimento non ebbe mai luogo. Weilbacher aggiunge che non rivide più né Scholtz né la moglie [n.d.r.: che a Sanremo era anche stata sua amante]". Inoltre: "A Monte Carlo ebbe [Weilbacher] rapporti anche con Werner Vohringer, un tedesco che lavora per l’Abwehr. Era stato a Sanremo prima dello scoppio della guerra e lì era rimasto senza fare nulla. Weilbacher lo conobbe a Sanremo nel 1940 quando lavorava per un'azienda di esportazione di fiori con sede a Bordighera. Alla fine del 1943 lo incontrò nuovamente a Monte Carlo. A quel tempo Vohringer possedeva un'automobile lussuosa e viveva al Regina Hotel; confidò a Weilbacher che stava lavorando per Abwehr sotto un certo Kirsten a Sanremo. Weilbacher fece alcuni viaggi con lui da e per la Francia, ma negò di aver lavorato con lui per i servizi. Per quanto riguarda il lavoro di Vohringer, sapeva solamente che quando era a Monte Carlo si interessava ai francesi prigionieri nei campi italiani". Non aiuta neppure un vago accenno al fatto che "era stato in relazioni amichevoli" con il capitano Gino Punzi, che, anzi, in un'occasione lo aveva accompagnato in auto vicino a La Turbie in territorio che vedeva la presenza di partigiani francesi. Potrebbe trattarsi di una ricostruzione fatta a posteriori da Weilbacher o messa in qualche modo in bocca a Weilbacher, perché se all'epoca i nazisti avessero sospettato l'attività clandestina patriottica di Punzi, che figurava ancora ufficiale italiano di frontiera, avrebbero di sicuro proceduto all'arresto di un uomo che si apprestava, dopo aver già tessuto una rete antifascista, sia a combattere insieme ai maquisard che ad operare - una volta arrivate le truppe alleate sulla frontiera marittima tra Francia e Italia - come agente dell'Oss, prima di cadere in un mortale agguato dovuto al tradimento di un pescatore contrabbandiere di Ventimiglia. O ancora altre conoscenze di agenti nazisti (sempre genericamente indicati come tali dal dossier) e di loro mogli (soprattutto di queste!) compiute da Weilbacher o di sue ricerche di materiali speciali, se non addirittura di armi segrete: un lungo racconto dal vago sapore di fumetto. Ed Angleton? A limitarsi ad un breve abbozzo della sua attività, si può ricordare che come giovane capo della sezione di controspionaggio statunitense di stanza a Roma nel tardo autunno del 1944 inviò oltre le linee due agenti per prendere contatto con il principe Junio Valerio Borghese, comandante della Decima Mas, specializzata in crudeli rappresaglie contro i partigiani: da parte americana si trattava della verifica della possibilità di ingaggiare in funzione anticomunista - il che significava (va da sé) il ricorso ad ulteriori modalità illegali - alcuni ufficiali di quei reparti speciali della Repubblica di Salò, il che, terminato il conflitto, puntualmente avvenne. Questo spiega perché Angleton abbia evitato una prima volta l'arresto di Borghese trasferendolo in aereo a maggio 1945 dalla Lombardia a Roma e influendo - o facendo influire altre autorità del suo paese - sulla successiva mite condanna del Principe Nero. Trascurando la successiva strepitosa carriera di Angleton, che divenne capo del controspionaggio della CIA, si può ancora riferire che alcune fonti lo indicarono in seguito come vicino, molto vicino a Borghese in occasione del colpo di stato tentato da quest'ultimo a dicembre del 1970. Non solo. Sul finire della guerra aveva reclutato - tra gli altri ufficiali della Repubblica Sociale da lui ingaggiati - anche Licio Gelli, destinato a rilevare anni dopo il comando della loggia P2, messa in piedi con funzioni anticomuniste - secondo alcune fonti ufficiali - da un altro spione americano, Frank Gigliotti. Per quello che si legge nel rapporto dalle vicende di Weilbacher emergono, altresì, una galleria di diversi altri personaggi (anche un principe Colonna!) e una geografia di luoghi, che da sole meriterebbero puntuali resoconti di storia, sì, ma di storia minuta.
Luci ed ombre sugli uomini della Missione Flap
C'é un rapporto segreto inglese, redatto dal capitano G. K. Long, artista di guerra, in riferimento alla Missione Flap, condotta, con culmine nell'ottobre 1944, tra i Partigiani, nel Basso Piemonte, del comandante Mauri, e i Partigiani della I^ Zona Operativa Liguria. Il documento in questione era stato rintracciato a cura di Giuseppe "Mac" Fiorucci per la preparazione del suo Gruppo Sbarchi Vallecrosia, IsrecIm, 2007. Della Missione Flap scrisse anche il capitano Paul Morton, canadese, corrispondente di guerra, in Mission Inside, ma edito solo nel 1979 a Cuneo da L'Arciere, e soprattutto per le insistenze di partigiani piemontesi: il Toronto Star aveva pubblicato il 27 ottobre 1944 un solo articolo dei nove che Morton aveva preparato superando le censure degli uffici militari preposti e per giunta lo aveva già licenziato. Long non aveva solo stilato la suddetta relazione, ma aveva anche messo mano a dei disegni che avrebbero dovuto completare il lavoro del collega giornalista, ma questi, invero, vennero dopo tanti anni pubblicati solo nel citato Mission Inside.
Dal documento di Long si estrapolano nella presente occasione le seguenti frasi: "Alle 6 di sera del [giorno non precisato, ma dovrebbe essere stato il 7 ottobre 1944] partimmo per ROCCHETTA [Rocchetta Nervina (IM)] dove giungemmo dopo quattro ore di marcia. Ripartimmo di nuovo a mezzanotte con la guida PIERINO LOI che ci diresse attraverso la parte principale delle postazioni armate tedesche raggiungendo la periferia di VENTIMIGLIA dopo sei ore di marcia. Qui rimanemmo in un piccolo riparo dietro alla casa dei genitori della guida... Noi avevamo viaggiato da PIGNA in vestiti civili e siccome stava piovendo dalle 6 di sera quando dovemmo attraversare la città, potemmo indossare dei sacchi sulla testa nel modo in cui lo facevano i contadini, il che si aggiunse al nostro travestimento. Camminammo 2-3 chilometri lungo la strada principale che costeggia il fiume ROIA ed attraversammo il ponte nella città vecchia passando oltre le sentinelle tedesche senza sollevare il minimo sospetto ed andando alla casa del pescatore sulla spiaggia. Qui rimanemmo dalle 7 di sera fino a mezzanotte... A mezzanotte portammo la barca (lunga approssimativamente 14 piedi con quattro remi) per una strada e giù attraverso la spiaggia di ciottoli - l'unica area non minata - fino al mare. I pescatori ci portarono vogando, senza ulteriori incidenti, in 3 ore e mezza a Monte Carlo (MONACO) dove sbarcammo [quindi, approssimativamente alle ore 4 del 9 ottobre 1944, data in ogni caso indicata da Brooks Richards, Secret Flotillas, Vol. II: Clandestine Sea Operations in the Western Mediterranean, North Africa and the Adriatic, 1940-1944, Paperback, 2013] e ci arrendemmo alla guarnigione F.F.I. La mattina seguente guidammo fino a Nizza e facemmo rapporto al Maggiore H. GUNN delle Forze Speciali ... A Nizza informammo il Colonnello BLYTHE del quartier generale della task force della settima armata americana circa la squadra dei quattro prigionieri di guerra che ci avevano lasciato per TENDA. Fino a quel momento non era arrivata nessuna loro notizia attraverso le pattuglie americane in quell'area... I pescatori erano in grado di fornire informazioni preziose alla Sezione di Interpretazione Fotografica del quartier generale americano sulla Forza Tedesca, posizioni delle armi, campi minati, ecc. a VENTIMIGLIA. (Mr. Paul Morton ha i nomi e i documenti di questi due uomini che darà senza dubbio alla Rappresentativa delle Forze Speciali n.1 con P.W.B. a Roma). Questi uomini furono poi consegnati dal Maggiore GUNN al Capitano Jones, Esercito Americano a Nizza... PIERINO LOI, la guida procurata da LEO, mise su un'operazione straordinaria e non perse nemmeno una volta la pista durante le sei difficili ore di marcia da ROCCHETTA a VENTIMIGLIA... I pescatori sono sicuri che questo percorso (Ventimiglia - Monaco o Mentone) potrebbe essere usato con successo in entrambi i sensi. Essi affermano che si potrebbero evacuare da VENTIMIGLIA fino a venti persone alla volta se fosse disponibile un'imbarcazione più grande. Ciò vedemmo ed annotammo, e si può attestare che i pescatori condussero a termine il loro piano di evacuazione senza alcuna deviazione...".
In seguito il capitano Michael Lees, che era già stato prima della Flap responsabile di svariate imprese segrete, venne "dimenticato", ad usare un eufemismo, dalle autorità inglesi perché dopo il suo passaggio dal ponente ligure aveva comunque compiuto con efficacia ed eroismo, ricavandone gravi ferite (per la quinta volta!), la Missione “Tombola” (così in inglese!), sull’Appennino a sud di Reggio Emilia, un'azione che era all’ultimo stata… annullata dalle autorità superiori. Insomma, Lees aveva disobbedito agli ordini, perché, invece, aveva condotto l'attacco (che non si doveva più effettuare!) alla postazione tedesca insieme a partigiani garibaldini di quei luoghi, a uomini della Sas, e al maggiore Roy Farran, il quale per varie circostanze se la cavò in seguito con più onore di Lees, rimanendo, al contrario di Lees (congedato piuttosto frettolosamente!) in forza all’esercito. E non era neppure mancato, per quell’assalto notturno del 27 marzo 1945 al comando tedesco di Villa Rossi e Villa Calvi in Albinea (RE), l’accompagnamento di una cornamusa scozzese suonata da David Kirkpatrik, perché i nazisti intendessero bene che erano stati colpiti da militari, così da non compiere una delle loro tante efferate rappresaglie su civili innocenti.
L'episodio "SAS Italian Job" della serie televisiva "Secret War" della BBC (2011) era imperniato sulla Operazione “Tombola“. Su Rai Storia a giugno 2020 una trasmissione ha, inoltre, affrontato risvolti successivi degli accadimenti occorsi a Lees e a Farran (aspetti di cui si parla anche nel più recente "Malcolm Tudor, SAS in Italy 1943-1945: Raiders in Enemy Territory", Fonthill Media, 2018).
Saputelli a Roquebrune
📷 Andammo in quell'estate di 11 anni fa io e Nello a Roquebrune. Non intendo annoiare sottolineando aspetti di storia e di monumenti, pur notevoli. Mi preme rievocare un episodio. Entrati in un vicolo per iniziare un giro del paese, fermati da una domanda di una gentile signora anziana in vena di socializzare, venivamo intrattenuti da un sopraggiunto artista del legno (bravo, in verità), il quale sciorinava a modo suo le vicende del villaggio, ma senza sbagliare nulla - come poi ho verificato -, anzi, aggiungendo che Roquebrune era stata venduta ai Grimaldi direttamente dal Conte di Provenza. Particolare, quest'ultimo, non riportato neppure dal citato foglietto ufficiale. Il brav'uomo in questione ci aveva prima proclamato che i suoi nonni erano arrivati in zona da Umbertide, Umbria; al che mi sono sentito in obbligo morale di esternare a tutti che sapevo di una vecchia, forte emigrazione (che in qualche misura ho frequentato) da Città di Castello (sempre in Umbria, beninteso!) nel locale dipartimento delle Alpi Marittime.
Quando giocava Kopa
Nel 1960, credo, ci recammo io, papà, fratellino e zio materno a vedere una partita di calcio del campionato di serie A francese, Monaco-Reims, nel vicino Principato, nel vecchio stadio a dimensione quasi familiare. Eravamo vicini ad una linea laterale prossima ad una porta, ma un gruppo di spettatori sulla nostra sinistra era ancora più affacciato di noi sul rettangolo (come si suol dire) di gioco. Anzi, ad un certo momento, si consentì agli stessi di avanzare ancora, sino a portarsi a ridosso del portiere: in questo movimento rivedo ancora la fulminea mossa di una signora a riprendersi trafelata il fiaschetto di vino scordato indietro per potersi poi finire beata il suo bel picnic nella nuova agognata posizione. Finita la partita, dobbiamo avere indugiato un po’ da qualche parte, perché altrimenti non mi spiego la scena seguente. Su due sedie malandate, davanti ad un baretto qualsiasi (come oggi a Montecarlo non ce ne sono più), lo zio riconobbe per primo un calciatore, io un attimo dopo il secondo. Si trattava rispettivamente di Kopa, migliore giocatore europeo del 1958, e di Fontaine, tuttora recordman con 13 reti (1958, in Svezia) di un singolo mondiale, quella volta con una gamba ingessata (e, quindi, non era sceso in campo, ma aveva accompagnato la squadra) come avevo già letto in uno dei miei prediletti giornalini dell’epoca: entrambi del Reims e nazionali (i galletti) di Francia, il primo oriundo polacco, il secondo a suo tempo esordiente in Marocco. Si avviò un’amabile conversazione tra adulti, di cui ora io ricordo solo i continui complimenti fatti anche in spagnolo (aveva appena finito di militare nel Real Madrid), rivolti da Kopa al mio fratellino. Ed alla morte di Kopa ho riscontrato dalla lettura dei giornali la grande umanità di questo oriundo polacco, partito dal lavoro in miniera per diventare il grande calciatore che in tanti ancora ricordano.
Peynet a Bordighera e dintorni
📷 Per un San Valentino, pochi anni fa, una libreria di Bordighera (IM), dove abito, ha esposto in vetrina una vignetta molto grande di Peynet, incorniciata con eleganza, quasi un quadro, ma forse si tratta davvero di un dipinto. In ogni caso non sono entrato per osservare da vicino e sincerarmene. Mi è tornata in mente la prima volta che ho visto dal vero un disegno originale del creatore dei famosi fidanzatini. Mi era capitato in un pubblico esercizio del centro della città delle palme, dove spesso lo zio materno, in quegli anni 1966 e 1967, dopo essere stati a vedere un film, mi portava, quasi sempre a fare una seconda cena di mezzanotte a base di succulente cozze, di sicuro ad ascoltare la conversazione di una sorta di gioventù dorata dell'epoca, ma in effetti composta da persone serie e simpatiche. Non ho più visto in quel locale quell'oggetto delle mie intenzioni. Forse la famiglia dei titolari ha preferito tenerselo in casa. In effetti Peynet - ma questo lo sapevo, soprattutto dalla lettura dei giornali - era assiduo del Salone Internazionale dell'Umorismo di Bordighera. Vinse, in effetti, la Palma d'Oro del 1952. Che per un motivo o per un altro neanche da ragazzo sono mai riuscito a visitare. Anche se in quei tempi ero particolarmente entusiasta proprio di Peynet. Solo un giro veloce una volta, da adulto, ma il discorso porterebbe troppo lontano... Anni dopo nella cantina di un conoscente a Dolceacqua (IM), in Val Nervia, potei ammirare, con mio grande stupore, un altro disegno di questo artista, in tal caso magistralmente realizzato sulla semplice intonacatura in calce di una parete del locale in cui mi trovavo! Il mio anfitrione mi disse che Peynet aveva ben apprezzato il suo vino, tipico della zona, il buon "Rossese di Dolceacqua", per l'appunto, un'eccellenza, che allora non aveva ancora ricevuto le attuali denominazioni di qualità. Trovo una volta di più molto simpatico Peynet!
Leggendo di Livio Berruti
Livio Berruti non sa neppure chi sia io, ma ... Ebbi la fortuna di stare al suo fianco, come attesta questa fotografia, su di un palco a Ventimiglia (IM) in occasione delle premiazioni di un lontano Agosto Medievale, manifestazione tipica della città di confine. Quella volta gli balbettai qualche confusa parola circa le emozioni che la sua figura mi ispirava sin da bambino. Come cercherò di precisare più avanti. Credo che in qualche caso si provino a pelle sensazioni giuste. La mia fugace conoscenza dell'ex grande atleta mi diede la sensazione di essere vicino a, come si diceva una volta dalle mie parti, un gran signore. Questa mia datata impressione mi è stata confermata - un po' come mi era già capitato dalla lettura dei giornali in occasione della morte di Kopa - da un'intervista a Berruti di 5 anni fa, cagionata, in occasione del compimento dei suoi 80 anni. Le sue parole - in tal caso, al di là dei risvolti tecnici, pure interessanti per me, delle sue pregresse imprese agonistiche - ai miei occhi fanno emergere il ritratto a tutto tondo di un uomo intelligente, spiritoso, pieno di vita, sensibile verso il prossimo. Lessi della vittoria di Berruti (sorvolo sul relativo primato mondiale uguagliato due volte e sugli successivi sviluppi della sua attività sportiva) nei 200 metri piani alle Olimpiadi di Roma del 1960 su di un giornale a disposizione dei clienti in un bar di Coldirodi, Frazione di Sanremo (IM). Avevo dieci anni. All'epoca in pratica mi interessava solo il ciclismo. Dovrei - vorrei - ripetere che erano altri tempi con altri mezzi - scarsi - di comunicazione, per cercare di inquadrare quel contesto sociale, ma non voglio allungare questo articolo. Circa l'atletica leggera probabilmente ricordavo solo in modo confuso nomi come Consolini e Zatopek, desunti dalla lettura del mio amato "Corriere dei Piccoli". Inopinatamente la notizia di quella medaglia d'oro mi galvanizzò. Presi a seguire Berruti, la sua ed altre connesse discipline, altri atleti. Mi aiutava alla bisogna anche il successivo arrivo di un televisore in casa nostra. Ma pure la mia ormai costante attenzione ai quotidiani che comprava mio padre. Celiando, potrei aggiungere che, per una breve - perché su troppe cose sono stato incostante - stagione, cercai di emulare Berruti, anche se, in quanto allievo, su più brevi (80 metri) e più lunghe (300 metri) distanze. In ogni caso devo ringraziare mia nonna materna e la zia più giovane, che nel settembre 1960 mi avevano portato su quell'altura che guarda sul mare per l'annuale ricorrenza del locale Santuario della Madonna Pellegrina.
La locomotiva faceva ciuf ciuf
La storia più o meno è questa. Più di 50 anni fa, una locomotiva a vapore di manovra veniva avviata dal deposito (Campasso) sito in zona Nervia, levante di Ventimiglia, verso la stazione della città di confine. Ci fu subito dopo da fare una fermata. I due addetti ne approfittarono per scendere dal mezzo e mettersi a chiaccherare con colleghi operai impegnati ai binari. Senonché, la vaporiera lemme lemme iniziò a muoversi verso ponente. Si diffuse il panico. Qualcuno, più pronto di altri, ricorse ad un telefono da campo di servizio. Quel rimorchiatore di treni venne così deviato dagli scambisti su di un binario morto, dotato di soffici respingenti, su cui si accomodò il piccolo mostro. C'era una foto dove compariva uno di quei distratti macchinisti. Non più da me ritrovata, talvolta sono ricorso ad uno scatto d'archivio, allorquando volevo rammentare questo episodio in qualche blog. Grande il mio stupore a scoprire riprodotta in grande un'immagine similare (probabilmente in quel lontano giorno qualcuno si cautelò facendo più pose) a quella che cercavo sulla attuale recinzione dell'ex Campasso.
Non si dovrebbe dimenticare il pittore Gian Antonio
Le linee più generali degli aspetti di una certa pregressa vita culturale di Bordighera (IM) a me, sino ad allora ignaro per età e/o insipienza, erano già state tratteggiate da alcuni amici circa cinquant'anni fa, ma per lungo tempo non avevo mai pensato o non avevo più avuto occasione di approfondire. Di grande rilievo in proposito mi sembra uno scritto del nipote di Guido Seborga, Claudio Panella, da cui attingo, per stralci, quanto segue: Fin dagli anni '50 Bordighera è stato un centro culturale decisamente animato, e Guido Seborga passava spesso le sue giornate nei caffè del centro, intrattenendosi con coloro che diverranno i suoi compagni di una vita. Nei locali del Gran Caffè - ormai scomparsi - della Stazione, o del Caffè Giglio sull'Aurelia, poi del bar Chez Louis di C.so Italia, si è incontrata e formata più di una generazione di artisti liguri: oltre a quella di Seborga e dei pittori Balbo e Maiolino, che all'inizio degli anni '50 fondarono i premi delle "Cinque Bettole" per la pittura e per la letteratura, passando libri e stimoli a scrittori come Sanguineti e Biamonti, quella più giovane di Giorgio Loreti e Angelo Oliva, che insieme a Seborga scoprirono i poeti francesi, i surrealisti, gli esistenzialisti e la politica. Tutti i nomi sopra citati, e non solo, furono variamente influenzati dall'azione continua di formazione e incitamento all'organizzazione giovanile che Seborga portò avanti nella Bordighera di quegli anni. Nel 1956 Seborga, che già conosceva Francesco Biamonti e faceva parte della giuria delle "Cinque Bettole", lo indusse a parteciparvi con la speranza che si mettesse in luce ... Seborga citava "le pagine scritte da certi giovani come Oliva, Lanteri, Loreti, per non dire del romanzo "Colpo di grazia" di Biamonti, dimostrano ampiamente che un clima di ricerca intellettuale i migliori giovani hanno saputo creare".
Fu presente in varie occasioni sopra menzionate un personaggio singolare quale fu Giacomo Natta.
Credo sia importante visitare il sito dedicato a Giuseppe Balbo, non solo per ammirare belle opere di questo artista, ma anche per conoscere più da vicino un ponderato riepilogo delle iniziative culturali, svolte in Bordighera soprattutto nei primi anni '50.
Non si dovrebbe dimenticare il pittore Gian Antonio Porcheddu.
Di sicuro scorderò in questo articolo di fare riferimento ad altri degni intellettuali.
Alla fine degli anni '50 nasce, poi, l'Unione Culturale Democratica, tuttora operante con grande impegno di Giorgio Loreti. Aggiungo, ma solo a titolo di esempio, dei nomi che vi furono e/o vi sono tuttora attivi: Paolo Del Monte, Joffre Truzzi, Sergio Gagliolo, Sauro Santilli, Francesco Biamonti, Angelo Oliva, Enzo Maiolino, Elio Lentini, Guido Seborga, Sergio Ciacio Biancheri, Matteo Lanteri.
Mi preme sottolineare che Presidente dell'Unione Culturale Democratica fu il professore Raffaello Monti [(Milano, 23 dicembre 1893; Bordighera, 15 maggio 1975). "Monti fu musicista di professione, specializzato nel violoncello, e compositore. Ebbe modo di studiare musica e perfezionare la sua arte in più Istituti e Città (Torino, Tolosa, Nizza) raggiungendo notevoli traguardi e incarichi di prestigio, tra cui quello di primo violoncellista al Teatro Regio di Torino e solista all’EIAR. La sua carriera precoce, iniziata ad appena 16 anni, continuò fino all’anno della sua morte nel 1975 con la composizione e orchestrazione di molte opere". Valentina Donati], non solo insigne musicista, ma anche pacifista di intense frequentazioni con Aldo Capitini...
Quando si chiede in modo contorto aiuto ad un amico
Non si creda che Flavio Palermo non sia pronto a dare, per quanto di sua competenza, utili informazioni. Il 3 luglio già mi mandava un interessante commento a quanto da me pubblicato a quella data nel mio Canale di WhatsApp - di racconti vecchi e nuovi - sui BBS e cose similari. Sono io, invece, che me la sono presa comoda, forse per riordinare le idee. In ogni caso, ecco qui di seguito l'ultimo contributo di Flavio: « Con il videotel mi collegavo già dal 1989 con il commodore 64. C'è un articolo "SPRITE 6499" che mi hanno pubblicato sulla rivista mc microcomputer del 1989 , dove spiego come modificare il software in linguaggio macchina del modem(6499) del commodore 64 per aggiungere uno SPRITE (freccia che si muoveva con il joystick) per navigare sul VIDEOTEL. Ecco la rivista on-line http://www.digitanto.it/mc-online/PHP/MCnum.php?mc=mc085&npag=244 ». Aggiungo che almeno in un'occasione hanno visto un post di questo canale amici che, come il sottoscritto, si sono avventurati in social media quali "Discord" senza ricavarcene - credo - granché: gli stessi che si tengono, però, alla larga da altri più facili "da usare" come "Nextdoor" e "Mastodon", quest'ultimo nelle sue varie "versioni" e possibilità. Ma, tornando a Flavio, mi sorge spontanea una domanda: oggi come oggi si sarà mai messo ad indagare ed a operare su "esperienze" (per me, almeno) più difficili, con la possibilità che - come ai tempi - ne venga qualche ricaduta utile per i suoi corrispondenti, "esperienze" quali "Github", "ActivityPub", " OStatus"? Noi, della zona di frontiera con la Francia Ventimiglia-Bordighera...
Da wikipedia:
La produzione ha avuto un costo totale di 4 milioni di euro. Per lo sviluppo del progetto Not Just Music ha beneficiato da parte del Ministero della cultura di un tax credit di 1,5 milioni di euro nel 2021 (la richiesta è stata presentata sotto il titolo di PAPfiction) e di contributi selettivi pari a 200 000 euro nel 2023.
Nel 2021 era ministro Franceschini. Nel 2023 era ministro Sangiuliano.
A loro discolpa, data un'occhiata ai decreti linkati su wikipedia, va detto che in entrambi i casi questa produzione era in un tabellone assieme a tante altre (di qualità variabile).
Probabilmente, più che concentrarsi sui ministri, ci sarebbe da dire sul sistema di norme e convenzioni che regolano i finanziamenti al cinema italiano.
PS OT: lo stesso vale per i giornali
Il primo consiglio è quello di acquistare solamente da fonti ufficiali e non da eventuali negozi che potresti trovare online. Questo perché uno smartphone con sopra un sistema operativo differente potrebbe non essere innocuo se acquistato da terzi poco raccomandabili.
CalyxOS sono statunitensi e anche i costi sono pensati soprattutto per quel mercato e per finanziare il loro lavoro.
Consiglio quindi e.foundation o iode.tech (hanno sviluppato un loro fork di LineageOS). Tieni conto che questi ultimi sono abbastanza conosciuti ma meno "grossi" di /e/OS.
Altri siti affidabili purtroppo non ne conosco e non penso esistano.
L'altra alternativa è prendersi un Pixel usato e metterci su GrapheneOS oppure un altro smartphone compatibile e metterci in autonomia/e/OS, si può fare tramite browser (GrapheneOS sicuramente /e/OS dipende dai modelli) ed è abbastanza semplice. Ovviamente non è a rischio zero, bisogna solo seguire bene le istruzioni.
Detto questo, l'ultimo consiglio è di cross-postare o fare la domanda anche su [email protected] dove potrebbero esserci più persone interessate all'argomento.
I TED talk sono una serie di conferenze da persone più o meno famose (ma in qualche modo selezionate) che raccontano un punto di vista interessante su qualcosa (tecnologia o altro). Sono ormai tenuti anche in più lingue, anche se la maggior parte è in inglese (eccone uno in italiano come esempio)
Spesso terminano con la frase "Thanks for coming to my TED talk" che è anche divenuto un meme (ed è per questo che mi prendevo in giro da solo, dopo una descrizione seriosa)
I TED talk sono una serie di conferenze da persone più o meno famose (ma in qualche modo selezionate) che raccontano un punto di vista interessante su qualcosa (tecnologia o altro). Sono ormai tenuti anche in più lingue, anche se la maggior parte è in inglese (eccone uno in italiano come esempio)
Spesso terminano con la frase "Thanks for coming to my TED talk" che è anche divenuto un meme (ed è per questo che mi prendevo in giro da solo, dopo una descrizione seriosa)
L'articolo di Orizzonte Scuola non rimanda al link originale su Fanpage (o non ho visto dove). Eccolo qua per riferimento.
Ovviamente ognuno può vedere ragioni diverse per la decisione di questa professoressa (stava invecchiando, non è al passo con i tempi) e sono obiezioni sensate perché la realtà è evoluta e non è facile starne al passo.
A dire il vero, a livello personale, le cose che lei vede che non dovremmo assecondare le trovo invece sensate: la lezione dovrebbe essere interattiva (se possibile) e chiedere intervento degli studenti e (sempre se possibile) il docente dovrebbe fare qualche battuta o raccontare qualche storia ogni tanto per dare tempo agli studenti di riposarsi mentalmente.
È vero però che i social hanno ridotto a pochi secondi lo spettro d'attenzione e quindi è possibile non ci vogliano solo domande e battutine per piacere molto, bisogna essere dei propri showman.
Un mio amico che fortunatamente è estremamente popolare tra gli studenti (e che fa battute e storielle, ma sa anche mantenere l'ordine in classe) mi diceva che vari prof si lamentano di canali come La Fisica Che Ci Piace perché hanno aumentato l'interesse verso la fisica, ma tendono in qualche modo a semplificare troppo.
L'insegnamento con battutine+storielle è molto anglosassone (o almeno l'ho visto spesso lì dal vivo) ed esistente da molto prima dell'avvento dei social e a me è sempre piaciuto, ma non è facile trovare la combinazione giusta ed inoltre cambia di classe in classe (quello che funziona con una, non va per niente con un'altra)
Grazie per essere venuti al mio TED Talk
@lgsp interessi sul debito pubblico più di ogni altra cosa. Poi per le spese correnti dovremmo avere i tradizionali bonus a pioggia (non solo quelli legati al welfare), pensioni di reversibilità, spese di gestione del territorio (frane e inondazioni) e, soprattutto, le oltre 320.000 unità delle forze di Polizia, un vanto questo che ci pone orgogliosamente dietro soltanto a Russia e Turchia.... 🙄
Poi non so nello specifico i dati ma sicuramente @phastidio è più informato
@Moonrise2473 Confermo.🙏
@adrianomaini veramente un posto bello e interessante. Grazie! 👍🏼
@Moonrise2473 come quello che hanno molti Bolognesi con quelle del Comune. Non ho ancora capito il motivo, per me ci sono persone che non stanno bene, è l'unica.
@danmatt in tutto ciò, sono proprio curioso di sapere quanti licei del Made in Italy sono stati istituiti e quanti studenti avranno deciso di iscrivercisi alla chiusura del termine per le iscrizioni alla scuola superiore... 😈
mi hai fatto venire un'idea, ho chiesto a gpt4 di creare un articolo copiando da reddit:
source: https://www.reddit.com/r/tifu/comments/ckwxvg/tifu_by_saying_i_was_tired_to_my_wife/
prompt: ciao sono un giornalista del mattino, mi faresti un articolo di giornale in italiano relativo a questa pagina web
Un utente di Reddit racconta la sua gaffe con la moglie
Il marito ha scatenato l’ira della consorte dopo aver detto di essere stanco al ritorno dalla palestra
Chi non si è mai sentito stanco dopo una lunga giornata di lavoro o dopo un allenamento in palestra? A volte, però, è meglio non dirlo a voce alta, soprattutto se si ha a che fare con una moglie esasperata dai bambini. Questo è quello che è successo a un utente di Reddit, che ha condiviso la sua disavventura sul popolare sito web, scatenando una valanga di commenti e consigli.
[ INSERIRE QUI UN AD VIDEO CON AUTOPLAY CHE PRENDE MEZZA PAGINA ]
L’utente, che si firma American_potatoe, ha raccontato di essere tornato a casa dopo il giorno di lavoro e la sessione di palestra dedicata alle gambe. Ha trovato i suoi figli felici e la moglie, che si occupa di loro, stremata dalla fatica. Prima di andare a letto, ha dovuto fare una doccia veloce, perché la moglie gli ha detto di sbrigarsi, visto che era stanca. Lui, per mostrare empatia, le ha risposto che anche lui era stanco. Errore fatale. La moglie si è infiammata e gli ha fatto notare che lei era la più stanca di tutti, perché si era occupata dei bambini tutto il giorno. Lui ha cercato di calmare la situazione, ammettendo che lei era più stanca di lui, ma non è servito a nulla. La moglie si è sentita offesa dal fatto che lui avesse osato dire di essere stanco e gli ha fatto una scenata. Lui si è reso conto di averla fatta grossa e si è ritrovato nei guai.
[ INSERIRE QUI UN ALTRO AD VIDEO CHE PRENDE MEZZA PAGINA ]
L’utente ha concluso il suo post con un ironico “Tldr: non sono permesso di essere stanco. Mai”. Il post ha ricevuto oltre 58 mila upvote e più di 4 mila commenti, tra i quali molti di solidarietà, di scherno o di consiglio. Alcuni hanno suggerito di smettere di fare il gioco di chi lavora di più e di concedersi entrambi una pausa. Altri hanno proposto di elogiare la moglie per il suo lavoro e di farle dei complimenti. Altri ancora hanno ironizzato sulla situazione, dicendo che lui era stanco perché aveva una relazione extraconiugale o che lei era gelosa della sua palestra. L’utente ha ringraziato tutti per l’interesse e ha aggiornato la situazione, dicendo che lui e la moglie si erano chiariti e che stavano per andare a cena fuori. Ha anche aggiunto che la moglie era la migliore e che non aveva intenzione di cambiarla. Infine, ha detto di aver scritto il post mentre era in bagno e che non vedeva l’ora di raccontarlo alla moglie. Chissà come avrà reagito lei.
In redazione possono tranquillamente iniziare a licenziare tutti e rimpiazzare con un singolo abbonamento a gpt4
@JonnY se vuoi rispondere a un commento su Friendica (per esempio) credo che il modo più semplice sia copiare il link al commento e poi incollarlo nella casella di ricerca e sperare che esca. Per esempio io questo commento lo sto scrivendo dalla mia istanza di Mastodon usando questo metodo: copia, incolla in Ricerca, seleziona, rispondi
Anche qui su Lemmy possono scrivere gli utenti di Mastodon, ma anche quelli di Friendica, Kbin e altre piattaforme che sfruttano il protocollo ActivityPub. Reddit invece è "chiuso" (almeno per ora) e da reddit si può interagire solo con reddit. Altre informazioni base le trovi in questo articolo.
@Moonrise2473 da quando ho aperto il canale telegram http://t.me/informapirata che mi ha portato sui siti di tecnologia e politica internazionali, ho capito che le redazioni online dei quotidiani cartacei sono una presa in giro e fanno un pessimo copia e incolla dai giornali esteri, finalizzato esclusivamente ad aumentare i click.
Quindi no, Non sono sorpreso... 😒
@Mannivu si! 😂😂
@Fiorenzo che mi hanno fatto scoprire questa app oggi! Non la conoscevo!
Ciao @[email protected], posso chiederti, per il futuro, di cercare sempre fonti alternative agli artcoli sotto paywall dei grandi giornali nazionali?
Io uso Bypass Paywalls Firefox Clean, è anche disponibile per Chrome e derivati.
Funziona su questi siti italiani.
@poliverso @Suoko
Ed aggiungo
RICONTABILE in caso di contestazioni
La qualità del voto elettronico è sempre bassa. C'è abbastanza bibliografia per capire che il voto elettronico è solo uno dei tanti modi esistenti per devastare la democrazia.
Non c'è Stato che tenga, né possono essere alternative valide escrow o interventi notarili. Il voto elettronico su sw a codice aperto è la versione moderna del voto per alzata di mano ma non certo di quella del voto democratico che deve essere
- CERTO
- SEGRETO
- NON MANIPOLABILE
Suggerisco i seguenti contenuti:
- Video di Matteo Flora
- La Commissione elettorale australiana pensava che il sistema di voto elettronico dell'ACT sarebbe stato sicuro fintanto che la sua chiave di crittografia fosse rimasta privata, ma un ricercatore ha scoperto che non è così
- L’Agenzia per la cybersicurezza ricorda che il #votoelettronico è ad alto rischio manipolazioni tramite attacco cyber
- Bruce Schneier, uno dei massimi esperti al mondo di sicurezza digitale, ci parla di prevenzione nella cyber security, Kaspersky, supply chain, cyber-conflitto tra Russia e Ucraina, e del perché il #VotoElettronico non potrà mai essere considerato sicuro
- Il presunto "modello #Estonia" nel rapporto di un osservatore sulle elezioni 2023
Quanto alla blockchain, beh, basta leggere le conclusioni di questo studio del MIT.