Vorrei segnalare il trend che sta diventando sempre più comune: il giornale, o il sito di turno, che approfitta di una disgrazia per pontificare sui pericoli del trekking.
L'altro giorno leggevo questo articolo in cui una rifugista si lamentava della qualità tecnica dei suoi ospiti.
Sempre più gente cerca di passare il tempo libero facendo cose belle all'aperto. È giusto fare sensibilizzazione sui pericoli, ma facciamolo con l'obiettivo di formare, non di lamentarci.
A volte i rifugi non hanno nemmeno un sito internet, per dire: se vogliamo che le persone siano preparate ed informate, bisogna investire per prepararle ed informarle. Altrimenti saranno dei pionieri, e come tali soggetti al rischio di sorprese.
Da questo articolo risulta veramente antipatica questa rifugista... Non dovrebbe essere contenta di avere più persone che passano da lei?
Invece di lamentarsi potrebbe fare la sua parte e aiutare le persone a capire che non tutta la montagna è affrontabile da tutti.
Poi boh, magari non riesco a rendermi conto della situazione.
Chissà se magari l'articolista ci ha messo del suo... Però sì, è un approccio molto snob, che alimenta il luogo comune dell'escursionista in infradito.
Non ho dubbi che ci siano casi, anche frequenti, di persone che si mettono a camminare senza la dovuta preparazione... ma invece di lamentarsi, va cercata qualche soluzione.
È un periodo di grande espansione per il turismo montano, e nella natura in generale. Non riesco a pensare ad una cosa più bella, specialmente per l'Italia, che di varietà naturalistica ne ha un sacco da offrire.
Cogliamo l'occasione per rendere l'esplorazione ancora più inclusiva e magari investire nella tutela del paesaggio i proventi extra, no? No, lamentiamoci che ci chiedono più volte al giorno il meteo.